La Divina Commedia - Inferno
 
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Le Stelle

Per qualche attimo il professor Alinari era rimasto immobile al centro del piazzale, indeciso se fare quattro passi liberatori verso una meta qualsiasi, oppure dedicarsi subito alla ricerca delle stelle.
Poi, memore della notte passata insonne e non volendo passarne una eguale, aveva deciso per le stelle ed aveva puntato diritto al portone di accesso del castello: se qualche stella c’era, doveva trovarsi là dentro; probabilmente nel salone delle adunanze.
Ne aveva allora oltrepassato la soglia e dato uno sguardo attorno.
Già di primo acchito nulla dava ad intendere che lì vi fossero rappresentate delle stelle: non c’era né un elemento architettonico, né una disposizione di linee, né qualche struttura particolare che lo indicasse: nulla di nulla.
Non soddisfatto, aveva allora attraversato il salone e s’era avvicinato a quel pilastro che il Bibliotecario, il giorno prima, gli aveva indicato con orgoglio chiamandolo, gli pareva, Iachin. L’aveva esaminato con puntiglio, dal basso in alto e poi dall’alto in basso, ricercandovi qualche elemento, figura, o particolare, che assomigliasse ad una stella. Ma niente nemmeno lì, e niente nemmeno su quell’altro pilastro, gemello al primo, che aveva affrontato subito dopo.
Allora s’era dedicato ai muri, al pavimento e persino al soffitto, senza tuttavia ottener alcun risultato: di stelle là dentro non ce n’erano proprio.
Solo il quadro che campeggiava al centro della parete sotto il ballatoio conteneva qualche stella, elementi puntiformi bianchi sulla campitura scura che circondava il volto della Madonna; ma, a dire il vero, persino a lui, che aveva i nervi tesi e pronti a percepire ogni segnale anomalo, quelle figurette gli parevano aver soltanto funzioni artistiche.